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La devianza e il crimine sono condizioni "oggettive"? Perché si manifestano in maniera diversa nel tempo e nei vari contesti socio-culturali? Si tratta di meri "fatti" registrati al loro occorrere nelle varie fonti statistiche? Perché mai a ogni denuncia non segue necessariamente un arresto? Perché consideriamo minaccioso il "burquini" e non ci preoccupiamo più delle discariche abusive di rifiuti tossici? Perché si stigmatizza lo stupratore e, in taluni casi, si arriva ad ammirare il manager d'azienda corrotto? Devianti e "normali" sono così diversi tra loro? Devianti e criminali si nasce o si diventa? Siamo sicuri che alcuni non riuscirebbero mai a compiere un'azione deviante oppure siamo tutti potenzialmente devianti? Quali costi comporta diventare normali? Il volume ha l'obiettivo di introdurre lo studio delle condotte devianti e criminali tenendo conto dei significati normativi che vengono attribuiti a comportamenti, atti e tratti specifici dai gruppi che detengono il "potere di definizione". Devianza e crimine sono analizzati come prodotto di più vaste arene definizionali che coinvolgono elementi individuali, situazionali e strutturali. Attraverso una ricognizione dei principali assunti e sviluppi microsociologici, il testo si profila come uno dei pochi lavori italiani di ricognizione e di valorizzazione della prospettiva interazionista simbolica (e di quelle affini) nello studio della devianza e del crimine.